giovedì 30 aprile 2009

Il vicesindaco

In occasione del 25 aprile è stato riedito il volume "Una repubblica a Torriglia" di G. B. Canepa, "Marzo" nella guerra partigiana. E' un'opera ricca di risvolti umani, ne possiedo la prima edizione del '67. Su Marzo, che fu vicesindaco di Genova nel 1945, mi raccontò un aneddoto il collega in giornalismo Giuliano Crisalli, figlio di un notissimo leader antifascista genovese, uno di quei "sovversivi" che venivano messi in cella preventivamente quando il Duce arrivava in città. Secondo il racconto, proveniente da una fonte non sospettabile di "nostalgie", Canepa entrò da vicesindaco a Palazzo Tursi con fieri propositi: voleva introdurre la semplicità e la purezza partigiana nelle incrostate schiere della burocrazia comunale. Seduto alla scrivania, decise di rivoluzionare subito una dei punti nevralgici del momento, l'ufficio alloggi: tirò su la cornetta del telefono, fece il numero e, proprio per non darsi delle arie, disse semplicemente, in genovese: "Sun Marsu", cioè "Sono Marzo". Dall'altra parte giunse una fulminante risposta: "E cùrite!" ("E cùrati!"). La battuta era buona, perché "Sun Marsu" in genovese significa anche "Sono marcio", ma la reazione dell'interlocutore non poteva non avere significati reconditi. Chissà, forse ancora oggi qualche burocrate telefona "Cùrati!" al ministro Brunetta, anche se il suo nome non si presta a finti equivoci.

sabato 25 aprile 2009

Il console

La morte di Paride Batini, console della compagnia del portuali genovesi, ha colpito profondamente la città. Batini aveva portato una sua apparente, eterna giovinezza fino al traguardo dei 74 anni; era il solo capace d'indossare il "chiodo" senza far pensare a Fonzie, era anche il solo ad autotradursi: quando parlava in fluente italiano alla Tv si capiva benissimo che quello che diceva l'aveva pensato in genovese. Si chiamava Paride ma era l'Ettore del fronte del porto, una Troia assediata. Con il pretesto dell'ammodernamento armatori e spedizionieri conducevano una perenne guerra alle posizioni di forza della corporazione dei portuali, cercando di abbattere i salari e, soprattutto, di eliminare l'esclusiva del lavoro sulle banchine. Quella gente già ricca faceva mille discorsi e ragionamenti sullo "shipping", ma finiva irrimediabilmente al tappeto quando Batini impugnava il microfono e diceva poche, chiare e semplici cose in difesa della classe operaia. Al funerale, la vedova del console ha seguito il feretro tendendo in avanti un braccio con il pugno chiuso: anche chi non è della stessa parte politica ha capito che quella era l'ultima testimonianza di una ferrea unione coniugale, fatta di amore e di condivisione totale d'idee e di esperienze. Così abbiamo scoperto che Batini non aveva solamente indovinato tutte le sue tattiche sindacali, aveva indovinato anche la moglie.

domenica 19 aprile 2009

L'intendente

Moltissimi macellai genovesi sono in ansia per le tasse arretrate: pare infatti che il fisco intenda chiedere integrazioni di decine di migliaia di euro. Tutto ciò non sarebbe successo negli anni Sessanta, quando nel palazzo di via Fiume regnava l'intendente di finanza Crescenzo Crispo. Ho scritto "regnava" non a caso, perché Crispo, personaggio quanto mai accattivante, godeva a Genova di una popolarità superiore a quella del sindaco. Lo si vedeva alla domenica, quando l'alto funzionario era il polo d'attrazione della tribuna d'onore dello stadio, non tanto per il suo temibile ruolo, quanto per le sue battute e per la sua competenza calcistica. Una volta all'anno l'intendente convocava i rappresentanti dei macellai genovesi e comunicava il totale delle tasse che lo Stato pensava di ricavare dalla categoria: "Provvedete voi - aggiungeva - a dividervi l'onere": La spartizione era praticamente già fatta, con un sistema semplicissimo: chi andava a Ca' de' Pitta a macellare un animale versava una sommetta in conto tasse: più erano gli animali che utilizzava, più erano i pagamenti che doveva fare. Una giustizia tributaria elementare ed efficace. Oggi non sarebbe più possibile, sia perché domina la progressività fiscale, sia perché a Ca' de' Pitta non macella più nessuno: le "mezzene" arrivano già pronte dall'Olanda.

lunedì 13 aprile 2009

Mezzanotte

Nessun dizionario biografico si occuperà mai di Isacco Pasini, detto Mezzanotte, rigattiere di piazza Veneroso a Genova. Non ce ne sarebbe motivo, trattandosi di un'esistenza trascorsa nella normalità e conclusa in modo naturale. Il personaggio merita tuttavia un ricordo mio personale a causa dei memorabili duelli verbali che Mezzanotte ingaggiava con tale signor Pavese, detto Spendibene per la sua estrema riluttanza a pagare il prezzo richiesto. Quando Spendibene adocchiava un mobile pregevole nel magazzino del rigattiere c'era da mettersi seduti come a teatro, per assistere alla contrattazione a base di urli, sdegni, finti abbandoni di campo e pesanti allusioni al passato di Pasini, che pare portasse il suo soprannome in ricordo di giovanili incursioni notturne nei beni altrui. Tutto durò finché Mezzanotte decise di farla finita con le contrattazioni. Alla prima occasione prese una scure a disse a Spendibene: "O mi dai quello che voglio o sfascio il mobile". Pavese credeva che scherzasse e s'azzardò ad offrire cinquecento lire in meno. Immediatamente partì una serie di colpi di scure che distrusse il reperto (per la storia, un inginocchiatoio del Seicento). Spendibene fuggì inorridito e, da allora in poi, pagò senza fiatare. Il nuovo corso però durò poco, perché il parsimonioso acquirente, piuttosto che rinunciare a tirare sul prezzo, preferì non farsi più vedere.

lunedì 6 aprile 2009

Call Center

Scoprii l'esistenza del Call Center una volta che si guastò l'ascensore: feci la solita telefonata alla ditta e mi accingevo a descrivere il guasto quando l'interlocutore m'interruppe: "Guardi che io non me ne intendo. E poi, le sto rispondendo da Verona...". Mi feci spiegare l'arcano, mi sembrò una cosa da pazzi che una richiesta d'intervento a Genova dovesse passare dal Veneto. Comunque la squadra arrivò e l'ascensore fu riparato. Da allora sono diventato un patito della formula "Se vuole parlare con un operatore prema quattro": in quella giungla cibernetica una voce umana è sempre un'ancora di salvezza. Chiamata dopo chiamata sono divenuto anche un simpatizzante dei lavoratori del Call Center, gente giovane, mal pagata, precaria e apparentemente senza futuro. Ho anche scritto una poesiola per loro, s'intitola appunto "Call Center": "Al telefono offriamo consulenza/ senza una pausa, senza un'impazienza./ Passiamo le giornate di rimpetto,/ tu hai slacciato un bottone sopra il petto./ Sto promettendo al solito signore/ di fargli riparare l'ascensore;/ mi sorridi, chiedendo a un altro tale/ l'indirizzo ed il codice fiscale./ Vorrei che ci mettessimo un po' insieme,/ ma poi faremmo solo la Bohème./ Hai sentito che ha detto Berlusconi? / E' meglio che tu cerchi tra i ricconi!/ Io resterò davanti alla Tv / con la Bohème ma senza rendez-vous".