venerdì 26 agosto 2011

Cercatori

Il Decimonono ci ha fatto sapere che a New York e precisamente nella 47.ma strada, nota per le lussose gioiellerie, un tizio di nome Raffi si dedica a rovistare tra cunette e marciapiedi e tira su preziosi e valori per un totale di cinquecento dollari al giorno. Tutta roba perduta chissà quando e da chi. L'articolo, di per sé divertente, ha assunto anche un involontario risvolto comico per via di una papera ortografica dell'autrice che, forse obnubilata dall'appetito, invece di scrivere "melma dorata", ha digitato sulla tastiera "melma d'orata". L'ingegnoso Raffi non può rivendicare una primogenitura nel suo singolare lavoro: come al solito, i genovesi l'hanno fatto prima di lui. Il pioniere nostrano si chiamava Michele Canzio ed era, oltre che consuocero di Garibaldi, impresario del "Carlo Felice". Una sera, subito dopo lo spettacolo, si mise a guardare sotto le poltrone della platea. La gente che usciva notò il suo strano atteggiamento e chiese: "Sciù Canzio, cosa sta cercando?". "Un mezzo marengo". "Accidenti, aspetti che l'aiutiamo". Una decina di persone si mise alla ricerca: niente. "Ma dove l'ha perduto?" chiese uno dei soccorritori. "Perduto? Io non ho perduto niente. Ho solo pensato: possibile che, con tutta la bella gente che c'era stasera a teatro, a nessuno sia caduto di tasca un mezzo marengo?"

sabato 20 agosto 2011

Sestri Ponente

A Sestri Ponente, delegazione di Genova, hanno creato un casalingo "Viale delle Stelle", affiggendo nei portici targhe commemorative dei personaggi più amati dai sestresi. Sono stati chiesti suggerimenti per altre epigrafi e io ho proposto che sia ricordato il pittore Mario Canepa, un omino dallo sguardo mansueto, con le mani rattrappite da tanti anni di lavoro come operaio dell'Ansaldo. Canepa dipingeva quadri di grande bellezza, ma sua moglie li distruggeva perché temeva che quell'attività facesse perdere al marito la modesta pensione con cui vivevano. Così l'artista si era ridotto a dipingere in segreto in una baracca sul greto del Chiaravagna. Mario Canepa faceva parte di un folto gruppo di pittori sestresi che, negli anni Settanta, si riuniva e allestiva mostre nelle vecchie prigioni di via Raimondo Vigna. Tra quegli artisti ricordo in modo particolare Anna Genaro, non solo per i suoi dipinti, ma anche la sua tristissima fine. Ammalata di cuore, in preda a continue crisi, aveva deciso di sottoporsi, in Francia, a un intervento chirurgico quasi disperato. La sera prima dell'operazione mi telefonò, cercava solidarietà e incoraggiamento. Avrei voluto dirle parole rasserenanti, ma mi tradì la voce, spezzata dalla commozione. Il mattino dopo mi chiamò il marito: la povera artista era morta sotto i ferri.

domenica 14 agosto 2011

Stagno

Nei primi anni Sessanta la redazione sportiva del Decimonono era composta da un caposervizio, Ernesto Chiossone, e da due redattori, Beppe Barnao e Pier Lorenzo Stagno; quest'ultimo scomparso pochi giorni fa. I due "soldati semplici" avevano caratteri diversissimi: sempre allegro Barnao, sempre pensieroso Stagno. Beppe arrivava al giornale imitando gli strilloni: "Orribile, orribile!", Pier Lorenzo, concentrato, aspettava che Chiossone dicesse come impostare la pagina e poi scattava: "E nu, capu!". Questo suo "E no, capo!" poteva riguardare indifferentemente una fotografia o un articolo, la scelta di uno sport minore o un pronostico sulla partita domenicale. Il "capo", gran signore, accettava ogni volta di discutere, mentre Barnao si eclissava, non volendo diventare arbitro della contesa. Finiva quasi sempre che Stagno rinunciava all'obiezione, ma si sapeva già che avrebbe ripetuto il suo "E nu, capu!" il giorno successivo. La carriera giornalistica di Pier Lorenzo è stata lunga e piena di successi. Stavo per scrivere soddisfazioni, poi ho capito che era un termine improprio: sul lavoro, lui soddisfatto non l'ho visto mai. Ha avuto un indiscusso merito, quello di aver creduto nel futuro della pallanuoto quando a bordo vasca c'erano a malapena trenta spettatori. Una grande intuizione.

lunedì 8 agosto 2011

Il caporale

Che sia un'estate stile Parolisi? Il caporale sospettato di uxoricidio sta riscuotendo molti consensi nel mondo femminile, al punto da far vacillare il trono del fotografo Corona. Nel mio osservatorio di Pietra Ligure, cittadina balneare strapiena, i cloni di Parolisi in cerca di conquiste sono parecchi: si riconoscono dai pantaloni al ginocchio sovrastati da una camicia maschile lasciata libera di penzolare a dispetto della cintura. Sguardo diritto, gambe gettate avanti con vigore, andatura a soldatino grazie al movimento a pendolo delle braccia distese. La barba non è lunga ma ben visibile, il taglio dei capelli fa pensare alla naia. Nella folla vacanziera non mancano anche cloni mal riusciti del caporale macho, giovanotti che indossano camicie con i tagli laterali e le punte arrotondate: in questo caso l'effetto pinguino è inevitabile. il primato dell'involontaria comicità spetta ai marciatori marziali che muovono sì le braccia, ma le portano avanti contemporaneamente, per di più piegando i gomiti: è un movimento che in Sicilia chiamano "a casciabbattennu", perché sembra simulare la camminata di chi procede facendosi rotolare davanti una cassa d'imballaggio. P.S. Apro il Decimonono di oggi e trovo una foto del ministro La Russa, anche lui in "tenuta estiva Parolisi". Ora mi tormenta un dubbio: chi ha copiato chi?

martedì 2 agosto 2011

La strage

La strage dei ragazzi norvegesi ha fatto inorridire tutti; chi doveva vigilare l'ha definita incredibile e imprevedibile e forse ha ragione: si poteva mettere in preventivo che, di fronte a quel fenomeno di massa che è l'immigrazione straniera, un pazzo si mettesse a sparare; io per primo, però, ritenevo che l'eventuale esplosione di rabbia si sarebbe sfogata su qualche malcapitato africano o rumeno. Invece, nella sua lucida follia, lo sparatore ha scelto come vittima sacrificale la gioventù iscritta a un partito ritenuto responsabile dei mutamenti etnici. Il tragico colpo di scena allarga enormemente il numero dei possibili bersagli e li rende praticamente indifendibili. Io spero che questa nuova insidia consigli un calo di tono e di frequenza nelle esternazioni che presentano l'immigrazione come una ricchezza inestimabile, la soluzione di tanti nostri problemi, l'irrompere di splendide culture atte a spazzare via le muffe della vecchia Europa e via dicendo. Mi chiedo con angoscia se non sarebbe meglio, di fronte alle miserande vite che sbarcano a Lampedusa, chiedere gesti di pietà e di carità, invece di sbandierare il diritto internazionale e le risoluzioni dell'Onu. Credo che nessun folle, per quanto tale, interpreterebbe come sfida e affronto il dono di un'esistenza meno grama agli ultimi del mondo.