sabato 28 aprile 2012

Mazzini

Sono uno dei pochi rimasti al mondo che hanno visto Giuseppe Mazzini, l'apostolo dell'unità d'Italia. Ho visto la sua salma nel 1946, molti anni dopo il decesso, avvenuto nel 1872. Era praticamente intatto, grazie a un processo di "pietrificazione" che uno scienziato famoso, Paolo Gorini, aveva realizzato con lunghi interventi sul corpo del protagonista del Risorgimento. Dopo il trattamento, il cadavere era stato chiuso nel sarcofago e Gorini aveva prescritto che la riapertura non avvenisse prima di cent'anni. Nel '46, però, quando si svolse il refendum istituzionale, la nascita della Repubblica tanto vagheggiata da Mazzini indusse i Seminatori Mazziniani, custodi della tomba, a trasgredire alle disposizioni di Gorini: così il corpo fu esposto per un paio di giorni nel cimitero di Staglieno. Andarono a vederlo in molti e nella lunga fila c'ero anch'io, appena tredicenne. I Seminatori - personaggi in avanzata età, vestiti di nero, con barba e baffi - mi guardarono con diffidenza, ma mi lasciarono passare. Il grande cospiratore, l'uomo che aveva fatto tremare il trono sabaudo, mi sembrò un vecchietto innocuo, troppo piccolo per la bara che lo custodiva. La sua vera grandezza era nella Storia.

domenica 22 aprile 2012

Il ritorno

Il tema dell'emigrazione è di grande attualità, ma ci si sofferma più sulle partenze che sui ritorni. L'altro giorno mi è riaffiorato nella memoria un episodio di tanti anni fa: mentre stavo pranzando al ristorante "Cavallo grigio" di Silvano d'Orba, la padrona del locale, la signora Maria, mi disse sottovoce: "Vede quei due al tavolo d'angolo? Quello a destra è uno di Silvano che, dopo quarant'anni, è ritornato dall'America. Mi ha detto che voleva offrire un pranzo a uno della sua età rimasto sempre a Silvano. L'ho trovato, ma non si erano mai conosciuti. Temo che rimanga deluso...". La conversazione al tavolo, infatti, andava avanti a stento. Poi arrivò un vecchio fisarmonicista che attaccò, con la voce e con il suono, una canzone degli emigranti che non avevo mai sentita. La musica era bellissima, le parole evocavano una fanciulla dai capelli "color dell'or" e facevano rimare "nostalgia" con "patria mia". L'"americano" si rianimò, quella canzone la sapeva anche lui e la cantò, con il volto arrossato dall'emozione e forse anche dal vino. Andarono avanti a lungo, poi l'uomo pagò il conto e salutò. Ebbi la sensazione che avesse sciolto un voto, fatto chissà quando e chissà dove.

lunedì 16 aprile 2012

Formaggio

Se vi dicono di pensare a un posto del tutto pulito e sterilizzato immaginate sicuramente una sala operatoria; io, invece, penso a un caseificio. Porto con me quell'impressione fin da ragazzo, quando mio zio Gino mi caricava sulla canna della bicicletta a motore (il Mosquito) e mi portava a fare il giro dei caseifici più prossimi al paese piacentino dove abitavamo. Era il mestiere di Gino, quello: andare nelle fabbriche del formaggio e del burro a vendere cagli, forme e reti per tirar su dalla vasca d'acciaio quel bianco ben di Dio. Lì tutto si presentava splendente: uno specchio, veniva voglia di togliersi le scarpe. L'odore di disinfettante, poi, sembrava addirittura gradevole. Tutto il contrario della fabbrica dello zucchero, nerastra e appiccicosa. Tra le pesantissime forme di grana scoprii che quel loro aspetto lucido e quei bordi bombati erano frutto di una accurata sbucciatura della superficie, proprio come si fa con una mela. Lo scarto del maquillage, una serie di sottili, gustosissime strisce, veniva donato ai clienti e ai visitatori. Oggi che si dice "regalare è morto e suo figlio sta male", chissà che fine fanno quelle bucce: probabilmente vanno a riempire i sacchetti del grattugiato.

martedì 10 aprile 2012

Emma

Nell'elenco delle bambine nate in Liguria, pubblicato dal Decimonono una decina di giorni fa, ce ne sono quattro che si chiamano Emma. Mi sono meravigliato perché ho sempre considerato quel nome un po' antiquato; uno scrittore lo sceglierebbe solamente per il personaggio di una zia. "Chi sono - mi sono chiesto - quei genitori dal gusto rétro? Fans della Bonino o della Marcegaglia? Altre Emme non ne vedo!". Invece un'altra Emma c'è, assai più giovane: la cantante Emma Marrone, vincitrice del festival di Sanremo di quest'anno. In definitiva, quelle quattro nascite sono una medaglia per la vecchia manifestazione ligure, la prova che, dopo tutto, l'Ariston sa ancora interessare ed emozionare. Galvanizzato, mi sono inoltrato nel pianeta Emma e ho scoperto che, negli Stati Uniti, quel nome è da parecchi anni sul podio della popolarità nei battesimi. Nel 2010 è stato superato solamente da Isabel e Sophia. Non vi dico gli altri perché sono di uno squallore totale, si salva la sola Madison. Altra scoperta, si chiama Emma la più grande portacontainer mai costruita. E ora un quesito in rima: meglio Elsa o meglio Emma? Se pensate alla Fornero, uscirete dal dilemma.

mercoledì 4 aprile 2012

Le orecchie

Alle istruzioni per far giocare un coniglio, di cui ho dato conto qualche tempo fa, possiamo aggiungere una direttiva europea vecchia di alcuni anni e spero mai applicata, che si proponeva di evitare che i maiali, costretti giorno e notte nelle porcilaie, sviluppassero istinti aggressivi, tanto da mordersi tra loro. Il pericolo di scoprire qualche buco deturpante nei pregiatissimi cosciotti destinati a San Daniele o a Parma, aveva indotto a cercare una qualche soluzione pacificatrice: così i funzionari europei, interpellati, suggerirono d'introdurre nelle porcilaie un po' di giocattoli, per far sì che i maiali si distraessero e la smettessero di azzannare il vicino. Più di recente, poi, dall'inesauribile teatrino dell'assurdo è piombata un'altra notizia da prendere con le molle: constatato che i nuovi sacchetti della spesa ecologici tendono a non reggere grossi pesi, si è concesso il ritorno alla plastica, ma solamente nei sacchetti definiti dalla disposizione "senza orecchie", del tipo, cioè, "usato nelle farmacie e nelle profumerie". Propongo a questo punto che gli altri sacchetti, equiparabili, come possessori di orecchie, ai maiali e ai conigli, ricevano a loro volta una congrua dose di giocattoli.