venerdì 27 luglio 2012

Tortora

Feci conoscenza con Enzo Tortora in un momento poco felice per lui: cacciato dalla Rai, faceva l'inviato della "Nazione". C'incontrammo a un processo a Milano, poi lo rividi la mattina dopo mentre ritornavo al Palazzo di Giustizia. Gli dissi: "Vorrei vedere come hanno pubblicato il mio articolo di ieri, ma dove lo trovo, il "Decimonono", a Milano?". Attraversò la strada, andò a un'edicola e ritornò con il giornale che cercavo. Me lo porse dicendo: "Anche tu non ti sottrai al pessimismo genovese...E' proprio un antico vizio...". Quel suo gesto affettuoso è un gradevolissimo ricordo.  La tragica odissea di Tortora, che fu colpito da folli accuse di traffico di droga, è ritornata alla ribalta l'altra sera, su "Rai Storia", quando Minoli ha ricostruito l'allucinante caso, che si concluse con l'assoluzione piena. Il programma ha rafforzato la mia stima per Tortora che però non è condivisa da tutti: mi è capitato di discuterne e di ricevere domande alle quali, sul momento, non ho saputo rispondere. La più intrigante riguarda la donna che conviveva con Tortora al momento dell'arresto: perché, nelle ricostruzioni giornalistiche e televisive, non compaiono mai sue interviste e neppure si parla di lei? La risposta certamente esiste ma io, finora, non l'ho trovata.

sabato 21 luglio 2012

Borsa Nera

La gogna mediatica che oggi tocca agli evasori fiscali, ai tempi della seconda guerra mondiale era riservata a coloro che praticavano la Borsa Nera, che consisteva nel vendere sottobanco alimenti sottratti alla ferree leggi del razionamento. I borsari neri (nome ispirato dal Corsaro Nero di Salgari) viaggiavano per lo più sui treni, allora composti da carri bestiame; nelle stazioni gli agenti fingevano di non vedere i loro enormi fagotti; dopo tutto quel commercio aiutava la gente a non morire di fame. Sui  carri  bestiame viaggiavo spesso anch'io, con la mia famiglia e con una borsa di pelle nera che conteneva i pochi preziosi di casa. Ogni tanto mia madre, preoccupata, ci chiedeva: "Avete preso la borsa nera?". La domanda suscitava reazioni stizzite dei contrabbandieri, che sibilavano "Stai zitta, vuoi farci arrestare?". L'equivoco finì quando i preziosi furono venduti ed io mi trovai due enormi buchi nelle suole. A quel punto andammo da un parente, Pirèn Illari, che fabbricava scarpe ma aveva la sua piccola industria ferma per mancanza di pelli: la borsa si trasformò in un paio di scarpe nuove per me.  A scanso di consumi eccessivi, le suole erano ricoperte di bullette: quando entravo in chiesa facevo tanto di quel rumore che il prete all'altare si voltava per vedere se erano arrivati i tedeschi.

domenica 15 luglio 2012

Al mare

E' cominciata la nuova stagione balneare: per la nostra famiglia significa il trasferimento a Pietra Ligure, in una vecchia casa del centro storico. Saranno (speriamo) due mesi tranquilli, non prevediamo che siano diversi da quelli che abbiamo vissuto negli ultimi cinquant'anni. Nella mia vita ci sono state stagioni estive ben diverse, al limite del rischio e dell'imprevedibilità: ricordo quella del 1943, in piena guerra; andavamo in spiaggia, a Chiavari, sfilando in mezzo alle betoniere che costruivano il "Vallo Mediterraneo", un sistema di bunker anti-sbarco. Si occupava di quello sbarramento, che poi si sarebbe rivelato inutile, una Organizzazione Todt, tedesca, della cui efficienza si dicevano mirabilia.   Sul mare ondeggiavano enormi chiazze di nafta delle navi affondate e qualche volta le onde portavano a terra i corpi delle vittime dei siluramenti. Arrivava allora un picchetto di soldati a rendere gli onori militari, anche se spesso si ignorava la nazionalità dei poveri morti. Ritornai sulla stessa spiaggia nell'estate del '45 e il percorso si rivelò ancor più avventuroso: le strade di accesso erano ancora minate e si doveva camminare su stretti sentieri delimitati da nastri. I bunker ormai abbandonati ci ricordavano a ogni istante la guerra appena finita. Nonostante tutto, riuscivamo a divertirci: eravamo giovani, spensierati e pieni di speranza. 

lunedì 9 luglio 2012

L'autorete

Il gol fantasma (era dentro, era fuori?) ha fatto la sua comparsa anche all'Europeo e ha convinto i maggiorenti del calcio che è ora di mettere i sensori sulla linea di porta. In fatto di gol non visti sono un esperto, posso vantarmi di essere stato il solo, fra i trentamila spettatori di una partita (più i giocatori e la terna arbitrale) a scorgere un pallone finito oltre la linea. Accadde molti anni fa, allo stadio di Marassi, dove giocava l'Inter contro una delle squadre genovesi. Non posso essere più preciso perché non ricordo altri particolari, se non che il portiere nerazzurro si chiamava Sarti. Io ero capitato in un posto di gradinata dal quale si vedevano, in un'unica riga, la linea di fondo, la traversa e la linea di porta. Era proprio un punto di vista privilegiato: me ne accorsi quando, in un mischia in area, Sarti riuscì a parare,  ma si trovò di fronte a un avversario che lo bloccava. Allora, con un braccio, lanciò il pallone a un compagno. In quell'istante vidi chiaramente che il portiere, prendendo lo slancio per il rinvio, con la mano che teneva il pallone aveva superato nettamente la linea di porta. Era una chiara autorete. Schizzai in piedi e gridai "Gol!". Gli  spettatori più vicini a me mi guardarono come se fossi matto: le mie spiegazioni furono inutili, nessun altro si era accorto dell'errore di Sarti. La partita continuò e l'Inter vinse.

martedì 3 luglio 2012

Il ragno

Il nome della località mi è sfuggito, ma mi è rimasta impressa una notizia apparsa in Tv: la costruzione di un centro commerciale è stata sospesa perché in quel terreno c'è una rarissima colonia di ragni coccinella, una specie che gli esperti definiscono in via d'estinzione e destinata a non sopravvivere a eventuali trasferimenti. Bene, l'altro giorno vado in circonvallazione a monte e, mentre aspetto il bus a una fermata, chi ti vedo sulla ringhiera  che delimita la strada? Un ragno coccinella, con i suoi puntini neri sul dorso rosso. Secondo me mi stava guardando con aria ostile, così gli ho dato un buffetto per farlo volare nel giardino sottostante: niente da fare, ha tirato un filo e dopo un minuto era di nuovo sulla ringhiera. Mi sono detto: "Se è un insetto così raro, quasi quasi telefono alla protezione animali per segnalare l'avvistamento, tanto di lì il coccinella non si muove". Poi però ho pensato: "Va a finire che accusano la fermata del bus di disturbare e l'aboliscono". Ho avuto pietà degli utenti. E il ragno? Che s'arrangi. P.S. Ho letto su internet che, in Inghilterra,  un'altra colonia di ragni coccinella è stata trasferita senza danni a parecchi chilometri di distanza. Ora gli ecologisti diranno che quella è una sottospecie nomade: il ben noto "coccinella globetrotterus".