domenica 26 agosto 2012

Linke

Se si parla di cravatte di gran classe, i riferimenti d'obbligo sono due: Marinella a Napoli e Finollo a Genova. Del negozio-laboratorio genovese, in bello stile Liberty, era impareggiabile guida Roberto Linke, la cui immatura scomparsa, appresa dal Decimonono, mi ha riempito di amarezza. Linke era un amico vero e un  cultore dell'arte ligure: con lui e con altri appassionati avevo organizzato a Palazzo Ducale un'esposizione regionale di pittura e scultura legata alla rinascita della Promotrice di Belle Arti. Un'iniziativa ancor oggi rimpianta, specie al confronto con le grandi mostre "chiavi in mano" in arrivo da altri lidi; rassegne di successo, ma estranee alla cultura locale. Linke, abituato a trattare alla pari con personaggi blasonati di tutto il mondo, mi raccontò una volta che era entrata nel suo negozio la figlia del presidente Scalfaro, Marianna, giunta a Genova con il padre in visita ufficiale. Voleva dei foulard e fu servita con il consueto stile della ditta. Era uscita da poco quando arrivò un funzionario della Prefettura, a protestare perché la signora si era lamentata di non essere stata trattata secondo il suo rango. Evidentemente Linke non era apparso abbastanza emozionato al cospetto dell'illustre cliente. Lui che discuteva di camicie e polsini con Gianni Agnelli.

lunedì 20 agosto 2012

Abdon Pamich

Un ricordo Olimpico ci vuole. Nel 1964, a Tokyo, Abdon Pamich vinse la 50 chilometri di marcia, assicurando all'Italia uno dei titoli più prestigiosi dell'atletica. Pamich, profugo da Fiume, era genovese d'adozione, meritava quindi un festeggiamento particolare della sua città. Il direttore del Decimonono, Umberto Vittorio Cavassa, venne in segreteria di redazione e mi disse, porgendomi un foglietto: "Sabato prossimo Pamich arriva in visita al giornale. Mi procuri una medaglia d'oro con questa dedica". Non rammento quel testo, mi è rimasta impressa solamente la frase "...con passo italiano...". Mancavano sei giorni alla visita. Mi misi subito alla ricerca di un orefice e di un incisore, ma piombai nello sconforto: mi chiedevano tutti dai dieci ai quindici giorni di tempo. Che fare? Mi ricordai a un tratto di Martino Fontana, l'orefice di Canino, il paese del Lazio dove avevo abitato fino a due anni prima. Martino, gran compagnone, fisarmonicista di classe, era genovese come me e nel suo lavoro non ammetteva ostacoli. Gli telefonai, si mise a ridere: "Genova è così mal ridotta? Stia tranquillo, ci penso io".  Il venerdì avevo sulla scrivania la medaglia con dedica. Martino l'aveva spedita per contrassegno: da vero ligure, non si era fidato del pagamento su fattura.   

martedì 14 agosto 2012

Svacanzando

Il verbo di questa torrida estate è "svacanzare". L'ho scoperto in un serioso articolo del "Corriere della Sera" sulla situazione in Israele. Colpito dalla divagazione linguistica, mi sono affidato a Internet e ho constatato che non si tratta di un caso sporadico: esistono nel Web esempi abbastanza copiosi di uso del verbo "svacanzare". Il meno elegante viene da un commentatore che, riferendosi ad alcuni giovanotti passati per le forche caudine di X Factor, ha scritto: "L'idea di marketing che manifestavano era quella di far vagheggiare al pubblico l'idea di poter svacanzare dentro le loro mutande". Restando immersi nella calura estiva, non vanno poi dimenticate alcune risposte della scrittrice Maria Perosino a un questionario di Paolo Di Stefano su "Io Donna": "Il suo principale difetto?" "Sono tonta"; "Se dovesse cambiare qualcosa nel suo fisico?" "L'alluce destro"; "Il dono di natura che vorrebbe?" "Un bell'ombelico". Chi ha letto queste risposte ha sicuramente pensato: "Perbacco, che persona spiritosa, ha messo nel sacco il giornalista!". Io sono stato invece colto da un dubbio: e se la faccenda dell'ombelico fosse vera? Le donne d'oggi vogliono contare soprattutto dalla cintola in su, ma non hanno ancora detto se l'ombelico è di sopra o di sotto.
 

mercoledì 8 agosto 2012

Biscotti

E' morto, a Saronno, l'ultimo discendente di una dinastia di fabbricanti di biscotti, i Lazzaroni. Popolarissimi ai tempi della mia infanzia, i Biscotti Lazzaroni venivano venduti in scatole di lamiera  che riconoscevamo a colpo d'occhio. Proprio quelle scatole diedero spunto a una storiella antifascista, nata all'epoca della visita di Hitler a Roma, nel 1938; un evento che fa da sfondo anche al film "Una giornata particolare" con la Loren e Mastroianni. Si diceva dunque che, in occasione del saluto dei due dittatori dal balcone di Palazzo Venezia, fossero state messe sotto i loro piedi  delle scatole metalliche, per farli sembrare più alti e imponenti. Peccato che sulle scatole campeggiasse la scritta "Fratelli Lazzaroni". I fascisti si raccontavano volentieri queste barzellette, sottovoce e dandosi di gomito, ma poi persistevano nella loro fede politica: nessuna satira ha mai provocato un cambio di campo. Ricordo, a questo proposito, i plateali gesti di scongiuro che facevano gli uomini in camicia nera quando si pronunciava il nome di Telesio Interlandi, direttore della rivista "La difesa della Razza" e capintesta della persecuzione antiebraica. Mai persona riuscì a raccogliere su se stessa tanto disprezzo, riuscendo tuttavia a realizzare i propri tenebrosi intenti. 

giovedì 2 agosto 2012

Cesare Viazzi

Nel giro di pochi giorni se ne sono andati tre "big" genovesi della Rai: Alfredo Provenzali, popolare radiocronista sportivo, Arnaldo Bagnasco, geniale artefice di programmi Tv e Cesare Viazzi, che fu tra i creatori del Tg3 e direttore di diverse sedi regionali. Con i primi due ho avuto rapporti di semplice conoscenza, a Cesare invece ero legato da una quarantennale amicizia, nata ai tempi dei miei studi sulla pittura ligure: il nonno di Cesare, suo omonimo, era infatti il pittore più noto della Belle Epoque genovese. Con l'amico Cesare prendevamo il sole alla rotonda di via Corsica e, da giornalisti in pensione, riandavamo spesso al passato. Ricco di un ottimo aspetto, di una voce profonda, pastosa e di una invidiabile cultura, Cesare avrebbe potuto essere un conduttore Tv di primissimo piano;  la carriera lo aveva invece portato a compiti organizzativi. Il fatto è che l'amico non amava farsi avanti, gli importanti incarichi li aveva ricevuti senza averli sollecitati: ci teneva a precisarlo e si capiva che era orgoglioso del proprio rigore morale. Considerava suo maestro, nella professione, un altro grande genovese della Tv, Emilio Rossi, che fu gambizzato dalle BR. Ora, sicuramente, stanno facendosi compagnia.