venerdì 30 novembre 2012

La Pietà

A Milano, le teste d'uovo più autorevoli della città, cioè il sindaco e l'assessore alla cultura, hanno rivolto pensosi sguardi alla Pietà Rondanini, la scultura che Michelangelo, morendo, lasciò incompiuta. Il loro lodevole scopo è quello di valorizzare l'opera, dandole una sistemazione  più consona. Nella città distratta da altro, le idee dei due maggiorenti sono filate via come l'olio. Nulla da ridire, anche da parte mia, sulla futura sistemazione della Pietà alla fine di un percorso che valorizzi altre opere d'arte milanesi; qualche dubbio che l'attuale "quinta" in pietra posta dietro la scultura debba essere sostituita da un antico  ambiente tutto in cotto (mi pare che nel Cinquecento i mattoni avessero ormai ceduto il passo al marmo). Molto da ridire sui sei milioni che la Cariplo sborserà per finanziare l'operazione. Ma sono soldi loro.  Mi ha lasciato a bocca aperta la nuova interpretazione della scultura: "Macché Pietà, quella è la rappresentazione del Dolore! Anzi, mentre faremo i lavori, collocheremo l'opera di Michelangelo in due luoghi simbolo della sofferenza, il carcere di San Vittore e il Palazzo di Giustizia di Milano". Così la Madonna, con il cadavere del figlio tra le braccia, darà il buongiorno alla Boccassini e all'avvocato Ghedini. Lasciatemelo dire: "Pietà l'è morta...".       

sabato 24 novembre 2012

Letizia

Annuncio con orgoglio che la mia nipotina Letizia Buratti si è laureata martedì scorso in Scienze pedagogiche e dell'Educazione. Confesso, senza far torto agli altri cinque più giovani nipoti, di nutrire un affetto particolare per Letizia: quando lei nacque, imparai il mestiere di nonno portandola in giro con il passeggino. Ecco dunque che "la Leti" mi riconduce ai tempi di una fotografia che teniamo in vista a casa: c'è lei con i fratelli Stefano e Fausto e i cugini Edoardo e Annalisa (Leonardo, il nostro cucciolo, doveva ancora arrivare). C'è soprattutto, in quella bella immagine scattata da mia figlia Isabella,  il bisnonno Gaetano Grosso, mio suocero, che se n'è andato dieci anni fa, dopo un secolo di vita. Oggi più che mai quella foto mi emoziona, perché Letizia si è laureata nello stesso edificio in cui il bisnonno Gaetano lavorò per vent'anni. A Genova molte prestigiose sedi cambiano spesso inquilini: così è capitato che, nel palazzo che ospitava la grande "Eridania", a quei tempi regina degli zuccherifici, si sia installata anni fa  la facoltà universitaria frequentata da Letizia. Salendo, in occasione della cerimonia di laurea, quelle scale tanto familiari a mio suocero, mi sembrava di ascoltare di nuovo il suo tipico intercalare: "Ho tante cose da fare...".

domenica 18 novembre 2012

I ciùngai

I chewing-gum hanno trovato a Genova una versione italianizzata del loro nome: per il popolo sbrigativo sono diventati i "ciùngai". Anni fa, i ragazzi ruminavano palesemente con questi bocconi elastici, ora, invece, si sono fatti più discreti ed è difficile scoprirli all'opera. Non hanno tuttavia smesso: i marciapiedi della città (e, ahimé, pure gli splendidi mosaici di Via Venti) sono infatti tuttora costellati di macchie nere che testimoniano la cattiva abitudine di scaricare in terra il prodotto esausto. Anche a Pietra Ligure, dove trascorro le vacanze estive, le tracce dei ciungai sono abbondantissime. Mi hanno anzi permesso di fare una piccola scoperta sul comportamento dei giovani: c'è, nella cittadina, un vialetto che conduce prima a un grande parcheggio e, più oltre, a un ingresso del cimitero. Ebbene, le macchie nere dei ciungai arrivano fino all'accesso del parking; più oltre, invece, il lastricato del vialetto è perfettamente pulito.  Applicando le teorie poliziesche (sono un affezionato frequentatore del canale tv 38, quello dei "gialli") ho concluso che i giovani girano alla larga dal cimitero e si guardano bene dall'andare a dare un saluto ai propri parenti e amici defunti. Questa prospettiva di futura solitudine mi immalinconisce.

lunedì 12 novembre 2012

Falsari

Cerchi una cosa in un cassetto e ne trovi un'altra, dimenticata da anni eppure traccia di un momento preciso della tua vita: mi è capitato l'altro giorno, quando ho rivisto una manciatella di monete da dieci lire false, legate a una mia inchiestina giornalistica. Negli anni Settanta scarseggiavano gli spiccioli, la gente riceveva i resti sotto forma di miniassegni, caramelle e francobolli. Era successo che, a Roma, i dipendenti della Zecca avevano deciso di non poter più sopportare il tonfo continuo delle macchine coniatrici e sedevano in assemblea permanente per chiedere rimedi. Indagando sul problema, venni a sapere che qualcuno del settore industriale del porto di Genova aveva deciso di farsi una zecca privata: le  dieci lire di alluminio erano facilmente riproducibili e, a suon di martellate sui due conii, ne erano nate a migliaia. Si riconoscevano perché le due facce, non  impresse contemporaneamente, risultavano ruotate fra loro rispetto ai pezzi autentici. Andai alla Banca d'Italia con un po' di esemplari e chiesi se avessero intenzione di fare una denuncia. Mi rispose un pacioso dirigente: "Vedremo, segnaleremo alla Zecca; ma le dirò in confidenza: il danno economico è minimo, molto minore del costo di un'indagine". Mi ritirai con le pive nel sacco.

martedì 6 novembre 2012

Gae Aulenti

Grande rilievo dei media alla scomparsa, in avanzata età, di Gae Aulenti, da tutti riconosciuta come l'indiscussa signora dell'architettura italiana. La fama dell'Aulenti era planetaria, grazie a opere realizzate in tutto il mondo con una particolare inclinazione a rinnovare rispettando le vestigia del passato. Proprio per questa sua benemerita cura, Gae Aulenti era stata chiamata dal Comune di Genova a partecipare alla ristrutturazione del  Palazzo Ducale, la colossale costruzione che domina il centro della città.  La celebre star dell'architettura arrivò, s'informò su quanto si progettava di fare, poi, quasi subito, disse "No, grazie" e se ne andò. Era una persona discreta, non rivelò che cosa riteneva incompatibile con le sue idee; d'altra parte il Comune non s'allarmò per la rinuncia e andò avanti nei lavori, durati anni. Oggi, guardando il Ducale, scopriamo che cosa non sarebbe piaciuto alla signora Aulenti: la rimozione delle iscrizioni antiche e di due statue, la demolizione di una scala settecentesca, gli squarci nella cortina muraria per realizzare un ingresso monumentale del tutto inventato, la creazione di una "montagnetta" esterna, attuale dimora degli sfaccendati. Si salvano, è vero,  nuovi intonaci e imbiancature, ma per quelli non occorrevano grandi firme.