mercoledì 23 settembre 2009
Carristi
Dolore per i sei morti di Kabul e un amaro ritorno nella memoria. Io l'ho vista in diretta, tanti anni fa, la morte dei militari nei blindati. Ero su una strada che andava al lago di Bolsena, al bivio che porta a un paese chiamato Cellere. Davanti a me procedeva un carro armato leggero, in esercitazione. Il conducente si fidò troppo del bordo della strada, il terrapieno cedette e il carro si capovolse. Quando raggiunsi il punto della disgrazia l'equipaggio stava strisciando fuori da una botola: tutti incolumi, tranne l'uomo in torretta che era rimasto schiacciato: di lui si vedevano solamente le gambe. Forse aveva tentato un balzo in extremis mentre il carro precipitava. Arrivarono gli inutili soccorsi, il povero morto fu recuperato e portato in un piccolo obitorio (mi raccontarono poi che qualcuno, quella notte, gli rubò gli scarponi). Sconvolto, me ne stavo in silenzio a cavallo della moto e pensavo alla mia visita di leva, qualche anno prima: al momento della selezione attitudinale l'ufficiale mi aveva chiesto in quale corpo preferivo essere arruolato. "Nessuno - gli avevo risposto - sono orfano di guerra, non farò il soldato". "La devo assegnare comunque - aveva ribattuto - in caso di conflitto partirà ugualmente. La metto nei carristi, almeno sarà al sicuro dalle pallottole". Oggi carrista significa Afghanistan, autobombe, attaccanti suicidi: chi poteva, allora, immaginare simili scenari?.
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