venerdì 4 settembre 2009

Il Negus

Nel 1970 vissi per un paio di giorni accanto a un grande protagonista della storia mondiale, il Negus Neghesti Ailé Selassié, imperatore d'Etiopia. Lui visitava Santa Margherita Ligure e Genova, io facevo l'inviato al seguito. Comunicavamo tramite i generali della Corte, che parlavano tutti perfettamente l'italiano, essendo ex-graduati del nostro esercito coloniale. Il Negus era già stato in Italia, nel 1924, accolto con tutti gli onori da Mussolini; quel Mussolini che, dodici anni dopo, gli avrebbe scippato il trono e il regno. Nonostante queste fosche vicende, Ailé Selassié dimostrava con ogni parola ed ogni gesto un profondo amore per l'Italia e gli italiani; ammirava il paesaggio e i monumenti, ringraziava chi lo applaudiva, stringeva mani e regalava medagliette; a tutti donava un lampo dolce dello sguardo. Quel segno di mitezza e d'affetto mi ritornò in mente cinque anni dopo, quando appresi con grande dolore che l'Imperatore era stato deposto, imprigionato e strangolato da una fazione dei suoi connazionali. Perché ne riparlo oggi? Perché la peggiore immagine della mia estate è stata quella di Gheddafi (altra vittima del nostro colonialismo) che atterra sul suolo italiano portando con arroganza una fotografia appesa al bavero. Ci mancava il sonoro con la voce del marchese del Grillo: "Io so' io e voi non siete un c...". Come diceva il conte di Buffon, lo stile rivela l'uomo.

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