venerdì 26 giugno 2009

I bigatti

Di questi tempi, quando ero ragazzo, i contadini padani mettevano ancora i mobili di casa sull'aia e cominciavano a vivere all'aperto: l'interno della cascina veniva infatti occupato dai graticci per i "bigatti", i bachi da seta che furono poi resi obsoleti dall'avvento del nylon. Io feci in tempo a partecipare a una delle ultime "campagne", che iniziavano ponendo su foglie di gelso la "semenza", composta da bigatti tanto piccoli da risultare quasi invisibili. Cominciava allora il miracolo della crescita: si udiva nelle stanze un ronzio provocato da migliaia di minuscole mandibole che facevano sparire a poco a poco le foglie di gelso, come in un gioco di magia. Poi, giorno dopo giorno, i bigatti diventavano visibili, sempre più grossi, bianchi e grassi, finché non facevano il loro bozzolo, filando la preziosa seta. Il mio compito consisteva nell'andare a procacciare sacchi di foglie, lungo gli argini dove i gelsi segnavano i confini e producevano grosse more, meno gustose di quelle dei roveti. Quando finirono i bigatti, finirono anche i gelsi: a milioni vennero sradicati, i contadini dicevano che ormai non servivano più e facevano dannosa ombra alle semine. Di quell'esperienza mi è rimasto soprattutto il ricordo del ronzio segreto di migliaia d'invisibili mandibole: talvolta mi pare di riascoltarlo, specie quando qualcuno parla di buchi nei pubblici bilanci.

martedì 23 giugno 2009

La movida

Proteste a Genova e in altre grandi città per la "movida" notturna, che lascia strascichi di bottiglie rotte e di portoni presi per vespasiani. Questo rumoroso e inquinante raduno di giovani è senza dubbio un segno di malcostume, ma, al contrario di quanto si crede, non è figlio del nostro tempo: esisteva già nell'Ottocento, tanto che Genova aveva creato un nucleo di vigili addetti alla repressione delle licenze orinatorie notturne. I gaudenti acculturati li chiamavano "guardie della speranza", giocando tra "elpìs" (appunto speranza, in greco antico) ed "el pis" che non ha bisogno di traduzione. Una sera il giornalista Gandolin (ottima forchetta e valoroso bevitore) scommise che avrebbe innaffiato una strada del centro addirittura con il beneplacito d'un sorvegliante. All'uscita da una trattoria di salita Santa Caterina si accostò al muro e versò in terra una bottiglietta d'acqua che si era messa in tasca. Subito accorse un vigile che lo accusò d'aver fatto pipì illegalmente: "Lei si sbaglia - rispose Gandolin - anzi, mi lasci andare perché proprio mi scappa". "Figuriamoci - ribatté il sorvegliante - l'ha appena fatta, l'ho visto io. Provi a rifarla, se ci riesce, l'autorizzo". "Come desidera" esclamò Gandolin e allagò la salita sotto gli occhi dell'esterrefatto tutore. Penso che il buon guardiano abbia passato il resto della vita a cercare la soluzione del mistero.

giovedì 18 giugno 2009

A denti stretti

Parliamo un po' di Debora Serracchiani, promossa a pieni voti dalle urne europee. La candidata del PD merita una citazione al merito, non tanto per aver ottenuto quasi 175mila preferenze, quanto per aver convinto 175mila italiani a scrivere sulla scheda il suo non facile cognome con il giusto numero di erre e di ci: il che, in un paese che soffre molto per l'analfabetismo di ritorno, è davvero un grande risultato. La Serracchiani ha anche il pregio di sembrare un'adolescente; la si direbbe una Sabrina un po' più in carne, invece è una signora dalla piena maturità: detto in sintesi, non è una Noemi ma una Naomi, nata nel 1970 come la "Venere nera". Un tratto caratteristico della neo onorevole è quello di parlare sempre a denti stretti, con la mandibola inchiavardata. Supera in questo il segretario del PD, Franceschini, che ha un po' lo stesso tic ma qualche volta, memore delle sue origini ferraresi, una bella risata a bocca aperta se la fa. Debora, invece, forte della sua voce chiarissima, non cede e si limita a ridere piacevolmente tra gli incisivi. Potrebbe essere una genovese "ad honorem": la gente della Lanterna era celebre una volta per il suo "strinsu i denti e parlo cieo". Ora aspetto di scoprire come la nuova deputata europea se la caverà al momento decisivo: non quando D'Alema parlerà al congresso PD, ma quando il dentista le dirà "Apra!".

sabato 13 giugno 2009

Il velista

Ricordi senza lacrime per il mio sorridente amico e collega Beppe Barnao, che a 84 anni è stato sollevato dal fastidio del bastone, lui che aveva corso, a vela, tutti i mari del mondo. L'hanno commemorato in molti per i suoi meriti sportivi e giornalistici; nessuno però - credo - ha raccontato che Beppe, prima di dedicarsi totalmente alla carta stampata, era stato un amatissimo maestro elementare. Gli era toccata una classe nella scuola Garaventa, popolata di figli degli "ultimi"; lì, dopo un difficile approccio, s'era inventato un concorso che aveva scatenato l'entusiasmo dei ragazzi: "Chi è più bravo a lavarmi la macchina?". Gli allievi avevano scoperto il piacere di un lavoro ben fatto e lui ci aveva guadagnato l'auto più lustra del quartiere. Come tutti gli uomini di mare, Barnao nascondeva un po' di pirateria nel sangue, amava sfidare le regole. Quando fu inventata la "Vanoni" (antenata dell'attuale "Unico") rifiutò categoricamente di compilare la dichiarazione e rimase per parecchi anni, indisturbato, nel limbo dei contribuenti. Poi, in occasione di un condono, andò al palazzo delle Finanze per costituirsi nelle mani del fisco. Si fece amici, immediatamente, tutti gli addetti, che lo coprirono di consigli per pagare il minimo. Il direttore gli confidò: "Se lei non si fosse presentato, non l'avremmo mai scoperto". "E' giusto così" rispose Beppe. Ma, voltato l'angolo, si morse la mano.

lunedì 8 giugno 2009

La qualunque

La bersagliatissima Noemi, smentendo l'ex fidanzato, ha dichiarato "Gino s'è inventato la qualunque". A quel punto sono entrato in crisi, perché un simile modo di esprimersi mi giungeva del tutto nuovo. Ho atteso invano reazioni: che so, un articolo di Severgnini, l'annuncio di un aggiornamento del dizionario Devoto-Oli. Invece niente. Ha aumentato il mio sconcerto la constatazione che "la qualunque" gode in Internet di ben 1.470.000 citazioni. Mi è sembrato di essere il pastore Aligi, quello che dormì settecent'anni. Il colpo di grazia me l'ha dato un autista intervistato ad "Anno Zero" : parlando della variabilità dei carichi che trasporta, ha detto "Sul mio camion ci può essere la qualsiasi". Sempre più incuriosito ho indagato via computer e ho scoperto che "la qualunque" è un'espressione tipica palermitana e che esiste anche la macchietta dell'onorevole Cetto Laqualunque creata dal comico Albanese. Siccome questo folle personaggio viene rappresentato nella rubrica serale di Fabio Fazio, mi sono finalmente spiegato il perché del tranquillo silenzio dei commentatori: evidentemente guardano tutti la trasmissione di Fazio. Io, invece, no. Ben mi sta.
P.S. La giovane donna delle cui dolorose vicende vi ho parlato nel blog "Le dita" non ce l'ha fatta. Purtroppo nel mondo reale succede che una bella favola non abbia un lieto fine.

mercoledì 3 giugno 2009

Contro corrente

Si è spento, ancora in buona età, il giornalista Mauro Bocci, mio compagno di lavoro per parecchi anni. Era un personaggio d'indubbio ingegno, intessuto però di ostinazione nell'andare contro corrente, nell'evitare il lato normale della vita. Dopo aver elaborato a lungo un romanzo scritto con un linguaggio sperimentale del tipo "Horcynus Orca", lasciò il giornale pensando che un lavoro fisso e un ottimo stipendio fossero freni insostenibili per l'espansione della sua creatività. Negli ultimi anni l'avevo perso un po' di vista, poi l'incontrai, ma invece di elencarmi successi letterari mi parlò del figlio che gli era nato e gli occupava la vita. Di Bocci ricordo un curioso siparietto messo in atto quando Bettino Craxi, allora Presidente del Consiglio, venne in visita al Secolo XIX. Naturalmente gli andammo tutti incontro per salutarlo e fargli gli onori di casa; tutti tranne Mauro che rimase ostentatamente seduto davanti alla macchina da scrivere. Craxi se ne accorse, ci piantò in asso e andò ad attaccare discorso con il renitente. Bocci rispose a monosillabi, quasi senza guardare l'interlocutore, tanto che Bettino si scoraggiò e ritornò da noi, ospiti meno scorbutici. Quando la visita finì, ricordai a Mauro, sorridendo, lo stornello romanesco su "Giovannino lo speziale" che, mentre suonavano l'inno reale, "essenno socialista restò a sede". Rispose: "Mi dai torto?" "T'importerebbe?" "No" "E allora...".