giovedì 8 ottobre 2009

La Petacci

I miei genitori, entrambi maestri elementari e quindi pubblici dipendenti, ritiravano lo stipendio in tesoreria il 27 del mese, giorno chiamato, burlescamente, di San Paganino . Se uno dei due coniugi era assente, l'altro poteva riscuotere per entrambi, presentando una specie di delega che si chiamava "biancosegno". Un nome curioso, derivato dalla formula iniziale della dichiarazione, inventata in chissà quale remota epoca della burocrazia: "Serve di biancosegno per il ritiro dello stipendio eccetera". Quasi sempre le retribuzioni venivano pagate in monete fresche di zecca e banconote nuovissime, oggetto di molta curiosità da parte di noi bambini. Una volta mia madre mi regalò cinque lucidissime monetine da venti centesimi, che portavano su una faccia il ritratto del Re e sull'altra una bella testa femminile con il fascio littorio. Mostrai con orgoglio il mio piccolo tesoro a un amico e, indicandogli il profilo di donna, gli dissi: "Vedi, questa è l'Italia". Mi rispose ridendo: "Macché, quella è la Petacci!". "E chi è?" "Chiedilo al Duce!". Invano cercai ulteriori lumi, c'era chi ignorava tutto e chi non voleva parlare. Dovetti attendere un paio d'anni, fino alle foto di piazzale Loreto, per sapere chi fosse la misteriosa Petacci. Avevo in tasca una di quelle monetine con il volto di donna, ma per tentare un confronto di sembianze mi toccò capovolgere il giornale, perché la poveretta era appesa a testa in giù.

Nessun commento: