sabato 21 agosto 2010

Cossiga

Cossiga è ancora tra noi? Quando mi sono messo a scrivere (male) di lui è andata via la luce e il computer ne ha fatte di tutti i colori. Ora ricomincio. Con Cossiga avevo un conto aperto dai tempi del rapimento di Aldo Moro, non so se ora devo considerarlo chiuso. Ero andato, rischiando la pelle, a recuperare il biglietto d'un sedicente brigatista pentito che affermava di essere disposto a rivelare dove fosse il prigioniero. A Cossiga, ministro dell'Interno, bastarono pochi minuti per esaminare il messaggio, dichiararlo inattendibile e ordinare l'interruzione di ogni contatto. Morto Moro, Cossiga si pentì d'aver sposato il partito della fermezza, si dimise e andò a inginocchiarsi al cimitero di Turrita Tiberina. Fin qui meritava il mio rispetto; se lo giocò ritornando alla grande in politica e accettando la candidatura alla Presidenza della Repubblica sostenuta da coloro che l'avevano indotto a non trattare per la vita dello statista democristiano. Di lui mi piacque una sola cosa: quando uscì dal Quirinale sbattendo la porta, fece suonare dalla banda l'antico Inno Sardo, che non sentivo (e cantavo) dai tempi delle scuole elementari: dice "Conservet Deus su Re, salvet su Regnu Sardo..". Iddio conservi il Re e salvi il Regno di Sardegna. Un bello scherzo, messo a segno nel santuario della Repubblica.

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