domenica 5 settembre 2010

Sabelli

Una volta il "Decimonono", giornale risparmioso, decise di fare una follia e assunse un inviato di lusso, Claudio Sabelli Fioretti. Il "big" arrivò e s'infilò in ufficio senza venire in redazione a presentarsi. Almeno, con me non lo fece. Ci rimasi male, ma il caso mi offrì una rivincita. Circa un mese dopo mi passarono una telefonata: "Sono la commessa di un negozio di via San Vincenzo, c'è qui un cliente che vorrebbe pagare con un assegno. Si chiama Sabelli, dice di essere un giornalista del "Secolo". Me lo può confermare?". Sogghignando risposi: "Guardi, io sono al Decimonono da vent'anni, ma questo Sabelli non lo conosco. Se fossi in lei non mi fiderei. Comunque attenda che m'informo". Posai il microfono sul tavolo e aspettai un minuto, immaginando lo sconcerto della commessa e l'imbarazzo crescente del collega. Poi passai la telefonata al capo redattore che schizzò in piedi: "Come? Ma cosa dice! Certo che lo conosciamo, è una persona affidabilissima!". Gustata la vendetta, incassai impavido gli epiteti irriferibili del capo. Mi pentii dello scherzo solo molti anni dopo, quando scoprii, guardando un servizio in Tv, che Sabelli era nato nella mia provincia di elezione, Viterbo, e amava moltissimo Vulci, la città etrusca che avevo rimesso in luce nei miei anni giovanili dedicati all'archeologia. Quasi un fratello sconosciuto, insomma.

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