mercoledì 15 giugno 2011

I tombini

L'acqua "privatizzata", bocciata dai referendum, non sarebbe stata un grande choc per Genova, che già in passato si era adattata a questa condizione. Prima che il sindaco Pertusio realizzasse, negli anni Cinquanta, il grande bacino del Brugneto, la nostra città poteva dissetarsi, compiere le abluzioni, fare il bucato e spegnere gli incendi solamente perché veniva rifornita da due acquedotti privati, il Nicolai e il De Ferrari Galliera. L'importanza di queste due strutture idriche è testimoniata dal gran numero di tombini di ghisa che costellano il selciato della città in corrispondenza delle prese d'acqua e delle ripartizioni: su queste migliaia di piastre ormai annose (alcune portano ancora l'emblema del fascio) spiccano le scritte "Acqua Nicolai" oppure "Acquedotto DFG": il De Ferrari Galliera, appunto. Un giovane amico della mia famiglia, il dottor Janin, si era dedicato, anni fa, a una catalogazione sistematica dei tombini genovesi; ne era venuta fuori una storia minore della città assai affine agli studi di un altro nostro amico, il professor Tiziano Mannoni, famoso per aver teorizzato l'esistenza di una "cultura materiale" capace di affiancare (e talvolta di smentire) la cultura di tipo classico. Andando a passeggio, val davvero la pena di dare, ogni tanto, un'occhiata ai tombini. Anche loro sono pagine di storia.

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