giovedì 28 febbraio 2013

Diecimila

In quattro anni e qualche mese di attività, "Così parlò Bellagamba" ha superato l'asticella dei diecimila contatti. Secondo le statistiche elaborate dal Web, la maggior  parte dei lettori di questo blog risiede in Italia, gli altri sono distribuiti in tutto il mondo: si va dai numerosi estimatori negli Stati Uniti a singoli lettori in Lettonia e in Indonesia. In questi ultimi tempi sono in forte aumento i contatti dall'Est europeo, grazie, probabilmente, all'immigrazione vai e vieni (si chiama "golondrina") che ha diffuso la conoscenza della lingua italiana.  Ho scoperto con Google un sito che valuta i blog:  intitolato Web Stats Domain, ha preso in considerazione anche il "Bellagamba", gli ha attribuito il valore di 220 dollari  (dovrò metterli nell'"Unico"?) e gli ha assegnato due stelle e mezzo su cinque. Risultati poco rilevanti se considerati nel gigantismo del Web, comunque per me soddisfacenti. Il diligente sito statistico segnala anche altri blog paragonabili (forse per diffusione) con il "Bellagamba": uno si chiama "Di' la tua su ciò che t'interessa", un altro è denominato in modo dolcissimo "Irinkerindò" ed è un sito informativo sull'emigrazione africana. Un terzo fa capo all' Hoa Bin Hotel di Da Nang.  Un nome, quest'ultimo, legato al ricordo del tragico Vietnam.   

venerdì 22 febbraio 2013

La prigionia

Come tanti altri figli (me compreso) il Direttore di Palazzo Ducale, Luca Borzani, ha estratto da un cassetto gli appunti di guerra di suo padre, Giovanni, ormai scomparso, li ha integrati con le lettere familiari e ne ha tirato fuori un bel libro, incentrato sulla dura prigionia a cui furono costretti, a migliaia, gli ufficiali italiani catturati dai tedeschi dopo l'8 settembre. Una storia di umiliazioni e di fame nera dopo il rifiuto dell'adesione a Salò. Ho letto d'un fiato il libro, intitolato "La guerra di mio padre", spinto anche da particolari motivi: Giovanni Borzani fu infatti preso prigioniero ad Alessandria proprio nelle ore in cui, alla stazione della stessa città, io cercavo di salvare dalla cattura un ufficiale italiano in borghese, fingendo di essere suo figlio.  Quella volta rischiai anch'io, ragazzino, il campo di concentramento. Un altro motivo del mio interesse  veniva dal ricordo di un carissimo collega, Nelio Ferrando, che aveva subito la stessa odissea di Giovanni Borzani  e l'aveva raccontata subito dopo la guerra sotto forma di un romanzo, intitolato "Combattere con le ombre". Ho confrontato i due testi e ho trovato nel romanzo l'assoluta conferma dei fatti storici e, nel libro di storia, pagine da romanzo. In entrambi, la fierezza dei prigionieri e la viltà dei loro torturatori.

sabato 16 febbraio 2013

L'esodato

Dal primo marzo ci sarà un esodato in più, il Papa. Il Santo Padre lascia infatti il suo incarico, ma non avrà una pensione: non esiste infatti  un istituto di previdenza per i Pontefici; non si è mai ritenuto che fosse necessario crearlo, dal momento che nessun successore di Pietro aveva pensato di doversi arrendere alla vecchiaia. Sono tutti morti sul campo, abbiamo ancora negli occhi l'immagine di Papa Wojtyla che prendeva a pugni il leggìo perché, soffocato dal Parkinson,  non riusciva a parlare ai fedeli radunati in piazza San Pietro. Benedetto sedicesimo, quando (lontano sia) passerà a miglior vita e sarà elevato agli onori degli altari, potrà divenire il santo protettore  dei 392mila poveri disgraziati che la riforma Fornero ha messo in mezzo a una strada. C'è da scommettere che ad attendere una soluzione ci saranno ancora migliaia di ex lavoratori privi di pensione, sopravvissuti a spese della liquidazione e dei risparmi familiari.  Il particolare più doloroso di questa tragedia è che nella valanga di dibattiti televisivi inflitti agli elettori non si propongono interventi immediati e reali a favore di tutti gli esodati. Si parla molto di "polvere sotto il tappeto": ma è a proposito di altre vicende. L'angolo dei senza pensione non viene ancora spolverato a fondo.

domenica 10 febbraio 2013

La Colonia

Da bambino, il solo profumo ammesso in casa era l'Acqua di Colonia.  Mio padre la usava come dopobarba, mia madre ne metteva un po' nel fazzoletto. Per me, invece, l'odoroso flacone si apriva solamente quando ritornavo a casa con le ginocchia sbucciate: la disinfezione avrebbe richiesto una  strofinatura delle ferite "con lo spirito", cioè con l'alcol denaturato; io, però, mugugnando e supplicando, riuscivo più di una volta a far intervenire l'Acqua di Colonia (detta semplicemente "la Colonia"), che bruciava ugualmente, ma veniva usata in dosi meno massicce, per via della sua preziosità.  Non ricordo quale marchio portasse il flacone, ma non si trattava certamente di Jean-Marie Farina o di un altro dei maggiori nomi della profumeria; la delicata essenza a base di bergamotto, inventata a fine Seicento da un novarese, accumulava etichette in abbondanza, magari con innovazioni nella formula e diciture variate: Acqua di Parma, Acqua di Biella... Sotto la Lanterna era nata, fin dal 1853, l'Acqua di Genova (tuttora sul  mercato) concepita e lanciata da  un profumiere di via Nuovissima (oggi Cairoli) che si chiamava Stefano Frecceri. Si dice che la Contessa di Castiglione ne facesse uso nelle sue "trattative diplomatiche" con Napoleone Terzo:   

lunedì 4 febbraio 2013

Assessoradu

L'assessorato della Pubblica Istruzione della regione Sardegna ha pubblicato sul "Corriere della Sera" l'annuncio dell'aggiudicazione di una gara. Mi ha incuriosito il bilinguismo dell'intestazione che, volendo riconoscere pari dignità e importanza alla lingua italiana e a quella sarda, dà addirittura la precedenza a quest'ultima, definendo così l'ente inserzionista: "Assessoradu de s'Istrutzione publica, benes culturales, informatzione, Ispetaculu e Isport". Si tratta con ogni evidenza di vocaboli mai esistiti nella nobile e antica favella della Sardegna e coniati "ad hoc" per dare una veste autoctona a un'entità burocratica di provenienza forestiera. L'operazione non è una novità assoluta: c'è stato un periodo in cui il Vaticano si dedicava con una certa assiduità ad aggiornare il vocabolario latino con parole del nostro tempo, tipo bomba atomica, treno, computer e via dicendo.  In quell'epoca, i documenti ufficiali della Santa Sede venivano scritti in latino, considerato lingua universale: di qui la necessità dei buffi aggiornamenti. Ora il Papa si esprime più di frequente con le lingue del nostro tempo. Dovrebbero farlo anche in Sardegna, usando la loro misteriosa e affascinante parlata nel solo ambito della vita privata quotidiana. Tanto per non esporsi a ironie e risolini.