domenica 10 febbraio 2013

La Colonia

Da bambino, il solo profumo ammesso in casa era l'Acqua di Colonia.  Mio padre la usava come dopobarba, mia madre ne metteva un po' nel fazzoletto. Per me, invece, l'odoroso flacone si apriva solamente quando ritornavo a casa con le ginocchia sbucciate: la disinfezione avrebbe richiesto una  strofinatura delle ferite "con lo spirito", cioè con l'alcol denaturato; io, però, mugugnando e supplicando, riuscivo più di una volta a far intervenire l'Acqua di Colonia (detta semplicemente "la Colonia"), che bruciava ugualmente, ma veniva usata in dosi meno massicce, per via della sua preziosità.  Non ricordo quale marchio portasse il flacone, ma non si trattava certamente di Jean-Marie Farina o di un altro dei maggiori nomi della profumeria; la delicata essenza a base di bergamotto, inventata a fine Seicento da un novarese, accumulava etichette in abbondanza, magari con innovazioni nella formula e diciture variate: Acqua di Parma, Acqua di Biella... Sotto la Lanterna era nata, fin dal 1853, l'Acqua di Genova (tuttora sul  mercato) concepita e lanciata da  un profumiere di via Nuovissima (oggi Cairoli) che si chiamava Stefano Frecceri. Si dice che la Contessa di Castiglione ne facesse uso nelle sue "trattative diplomatiche" con Napoleone Terzo:   

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