lunedì 10 giugno 2013

Don Gallo

Il silenzio di papa Francesco sulla morte di don Gallo è stato significativo. Sembra che il Pontefice abbia voluto sottolineare ciò che è mancato nella pur meritoria parabola esistenziale del  "prete di strada" genovese: il silenzio, appunto. In passato molti apostoli della carità hanno fatto del riserbo la loro norma di vita, ricevendo poi, in morte, la glorificazione delle loro benemerenze. A Genova c'è stato un grande esempio di questa assistenza nell'ombra, quello di Bianca Costa.  Don Gallo, invece,  sceglieva sempre il clamore, la provocazione. Certo, ne aveva necessità per procacciare sostegno alla sua opera di soccorso agli "ultimi"; sta di fatto, tuttavia, che finiva per trovare soprattutto sostenitori poco abbienti, parecchi dei quali applaudivano le sue esternazioni mirando a scopi diversi dalla carità cristiana. E poi, i bambini... Che cosa hanno imparato i bambini dalle incursioni verbali di don Gallo, dal suo procedere su un filo sottilissimo tirato tra l'ortodossia e la trasgressione, tra il sacro e il profano? Lo scomparso non meritava certo che gli si legasse al collo la macina che Cristo, nel Vangelo, destina a chi scandalizza i piccoli.  Ma qualcosa di più lieve credo che gli toccasse. Un cartellino giallo, insomma. L'ha avuto dal Papa?

Nessun commento: