venerdì 7 agosto 2009

Pietanzina

Con un gruppo di carissimi ex compagni di lavoro ho raggiunto una trattoria dell'entroterra genovese, divenuta famosa per i suoi sontuosi primi e secondi. Dopo una lunga attesa, ognuno di noi si è trovato davanti un piatto di enormi dimensioni, al centro del quale stava una pietanzina simile ai lumini che si mettono al camposanto. Messo in allarme da una serie di colorite esclamazioni, il titolare del locale è accorso e, con accento trionfante, ci ha rivelato di aver assunto un cuoco della "Nouvelle Cuisine", destinato a dare impulso agli affari: "Vi abituerete subito al cambiamento - ha concluso - e ritornerete presto". "Certamente" gli abbiamo risposto, facendo il gesto dell'ombrello. Questa "nuova cucina" non è poi tanto nuova, dal momento che quasi cinquant'anni fa il giornalista Ernesto Mombello, famoso gastronomo, ne enunciava già i princìpi di base: "Non bisogna mangiare, ma assaggiare. Al primo boccone il gusto nuovo vi delizia, al secondo vi appaga, al terzo non è più nuovo e voi vi mettete a chiacchierare con il commensale vicino. Da quel momento in poi ingurgitate senza accorgervene e vi appesantite inutilmente". Tutto logico, razionale. Non ha proprio senso che, quando uscite con gli amici, ritorniate a casa sorridendo, accarezzandovi lo stomaco e dicendo "Ho fatto una mangiata...".

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