martedì 24 novembre 2009

Coloriture

Gianfranco Fini ha colto di sorpresa tutti pronunciando una "parola del gatto"; la stessa che rese ancor più popolare Trapattoni quando il simpatico trainer, conducendo in tedesco maccheronico una concitata conferenza stampa, ripeté più volte, con un crescendo quasi wagneriano, il cognome del calciatore del Bayern Thomas Strunz. Non è che Fini mi abbia scandalizzato, la volgarità non costituisce, in assoluto, un disvalore. Può rappresentare addirittura un arricchimento verbale, una simpatica coloritura, a patto di trovarla sulla bocca del volgo (appunto) non su quella di uno come Fini, che, di solito, è piuttosto stilé. L'unica tuta che il presidente della Camera abbia indossato è quella da sub: non era quindi il caso che si sforzasse di trasformarsi in Cipputi. A meno che l'astuto Fini non abbia pensato che, vista la facile fama conquistata da Cambronne con una sola parola, valesse la pena di porsi sulle sue orme per contendere a Berlusconi il "feeling" con la plebe. Anche in questa ipotetica impresa, però, l'ex delfino del raffinatissimo Giorgio Almirante è stato frenato dalla propria estrazione alto borghese: il rude generale napoleonico, infatti, con la sua esclamazione aveva decisamente puntato sulla "sostanza", mentre Fini ha preferito privilegiare la "forma" della sostanza stessa.

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