martedì 5 gennaio 2010

Il segno

Per trent'anni me lo sono trovato seduto su uno scalino, di fronte al portone di casa, impegnato senza tregua a dire frasi dal senso sfuggente, quasi compiaciuto dal rimbombo, sotto le volte di Galleria Mazzini, della sua voce simile a quella di Sandro Ciotti, ma ancor più cavernosa. Ieri l'ho rivisto, fotografato e intervistato sul Decimonono: pare che sia un pittore di talento, ingrandimenti dei suoi quadretti adorneranno un nuovo rifugio per i senzatetto. Sarebbe facile ma crudele scrivere che per i poveretti le disgrazie non vengono mai sole e che gli "homeless" meriterebbero almeno Renoir. Dirò invece che questa storia degli ingrandimenti mi ha fatto venire in mente il "segno precario" scoperto da un titolato pittore genovese, Plinio Mesciulam. Dunque, dice Mesciulam che basta esaminare un qualsiasi conto di trattoria, scritto a mano, per scoprire che, almeno in un punto di quella nota, la grafìa del taverniere ha raggiunto la libertà di tratto, la scioltezza e l'espressività di una vera opera d'arte. Realizzando un ingrandimento di quel particolare, il quadro è fatto. Mesciulam espose anni fa significativi esempi di "segno precario"". Io posso essere della sua idea, aggiungendo però che, sicuramente, l'oste raggiunge il colmo dell'estasi artistica quando, dopo "vino e pappardelle al sugo", scrive la cifra del totale.

1 commento:

Unknown ha detto...

Ho trovato l'articolo su Maini davero interessante. Di lui se ne dicevano tante e questo mette alcuni punti fermi. Non mi pronuncio sul valore dei quadri ma mi fa piacere che "Gola secca" abbia avuto il suo giorno di gloria