lunedì 11 ottobre 2010

La Julia

Ci sono nomi che ti colpiscono alla bocca dello stomaco e ti riportano a dolori antichi. Così è stato per me quando ho sentito citare in televisione la divisione Julia, il corpo al quale appartenevano i quattro alpini uccisi in Afghanistan. Era della Julia anche Riccardo Pessagno, mio vicino di casa a Chiavari ai tempi della seconda guerra mondiale. Eravamo amici con Riccardo, anche se lui aveva una decina d'anni più di me. Come tutti gli studenti universitari chiamati alle armi aveva ricevuto la nomina a sottotenente di complemento. Lo vidi in divisa, con il cappello da alpino, pochi giorni prima che partisse per la Russia, nel 1942. Mi strizzò l'occhio come al solito, era il suo modo di salutarmi. Non lo rividi più. Sapemmo poi che era caduto a Nikolajewka, nella famosa battaglia del sottopassaggio ferroviario, insieme a migliaia di altri soldati italiani in ritirata. I superstiti raccontarono che l'accerchiamento totale di 40mila alpini, realizzato dalle armate sovietiche, era stato rotto con un'epica carica a piedi guidata, a costo della vita, dal generale Reverberi. Molti anni dopo, passando da Arzeno, un piccolo paese dell'entroterra chiavarese, entrai nel cimitero e vi trovai una tomba con il nome del mio amico. Era una tomba vuota, che la madre di Riccardo aveva fatto costruire per sentirsi meno sola nel loculo accanto.

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