giovedì 23 dicembre 2010

Cornamuse

Qualcosa di natalizio ci vuole e anche qualcosa in dialetto, visto che gli spot per i 150 anni dell'Unità d'Italia hanno una certa aria di superiorità rispetto agli idiomi popolari. Nel 1932 fu pubblicato a Genova un volume, intitolato "Cetre e cornamuse", che raccoglieva tante poesie inedite, in italiano e in dialetto, scritte per le feste di Natale: quasi tutti componimenti che, riletti oggi, non reggono alla verifica del tempo. Si salvano solamente, a mio parere, due poesie di Edoardo Firpo, certamente il migliore tra gli scrittori dialettali genovesi. Eccone un brano: "O l'è un figgieu piccin o Bambinetto/ comme se vedde sempre i ti geuxiu/ coi euggi dosci e ciaei/ che pan due gosse cheite da un rammetto./Basta un pittin che o pie/ perché a Madonna subito a l'ammie;/ se poi o fa o sappin/ a-o ballezza, a ghe canta un pittinin/ e le o ghe rie./ L'è o cianze di figgieu comme a rosà/ che basta un po' de so e a l'è sciugà". Traduco pedestremente: "Il Bambinetto è piccolo piccolo, come si vede sempre nei santini, con gli occhi dolci e chiari che sembrano due gocce cadute da un rametto. Basta che faccia un piccolo verso che la Madonna subito lo scruta, se poi fa il broncio lo fa saltare e canticchia; e lui ride. Il pianto dei bimbi è come la rugiada, basta un po' di sole e si asciuga". Grande Firpo, come sempre.

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