mercoledì 29 dicembre 2010

Fermo posta

Dieci giorni fa ero a un funerale in una chiesa di via Bobbio e ho notato che il parroco aveva allestito un albero di Natale a lato dell'altare. Sono rimasto sorpreso, ma non troppo: proprio il giorno prima, infatti, un mio conoscente, accanitamente laico, mi aveva confidato di preparare il presepe domestico. Evidentemente c'è stato uno scambio di simboli. Il funerale dell'altro giorno era d'un amico di sessant'anni fa, Franco, al quale dovevo quell'atto di presenza: mi aveva aiutato in un'epoca in cui i messaggini telefonici erano di là da venire e gli innamorati rischiavano di perdere i contatti. Dunque, io avevo una ragazza che d'estate se ne stava in campagna ed era sorvegliata da un'arcigna zia: le davo mie notizie inviandole banali lettere con una falsa firma femminile e aggiungendo nei margini bianchi le mie promesse di amore eterno scritte con il succo di limone. La ragazza rendeva poi visibili quelle frasi con il calore d'un insospettabile ferro da stiro. Per la risposta ci voleva un altro inghippo, perché la cassetta della posta era sotto controllo di mia madre, contrarissima al flirt. E qui entrava in azione Franco che, essendo già maggiorenne, poteva usufruire del fermo posta: con pazienza faceva l'immancabile coda e mi recapitava il sospirato plico. Per questo sono andato a ringraziarlo, anche sessant'anni dopo.

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