mercoledì 23 marzo 2011

Il telefonino

Un telefonino ritorna spesso nei miei pensieri, in questi giorni: è quello di Yara, la ragazzina di Brembate uccisa misteriosamente. Il quadro generale delle indagini delinea un fatto violento in cui Yara è stata solo vittima fin dall'inizio: fatta salire con l'inganno su un automezzo, stordita, ferita e lasciata morire, forse di freddo. C'è però un elemento che contrasta con questa ricostruzione: il fatto che la ragazzina avesse in tasca la scheda e la batteria del suo telefonino. Nessun sequestratore, credo, si curerebbe di riconsegnare scheda e batteria a una persona rapita dopo averle sottratto e disattivato il telefonino. E' più logico pensare che sia stata Yara stessa a togliere quegli elementi e a riporli in tasca. Perché lo avrebbe fatto? E' stata costretta sotto la minaccia di un'arma? Sul momento, il gesto non poteva scatenare allarmi: si fanno ricerche sulle celle telefoniche solamente dopo assenze prolungate. La disattivazione poteva quindi servire per non lasciare tracce sul lungo periodo. In generale, il fatto di scollegarsi volontariamente ma di conservare telefonino, scheda e batteria, sia pur separati, è una scelta che si può attribuire a coloro che, intendendo sparire, si lasciano una possibilità di ricollegamento. Ma può essere compatibile con la tragedia della povera Yara uno scenario di fuga come questo?

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