martedì 29 marzo 2011

La Mille Miglia

La guerra di Libia mi ha riportato agli anni Quaranta, quando seguivo su una cartina le sorti delle truppe italiane; e anche agli anni Cinquanta, quando mi trovai a lavorare con connazionali che erano stati costretti a lasciare la Tripolitania dopo la guerra perduta. Mi sono accorto di familiarizzare ancora con i nomi delle città più note, Tobruk, Bengasi, Agedabia, Misurata, Tripoli, Leptis Magna, Sabratha; sono anche andato su tutte le furie quando un inviato della Tv, descrivendo i luoghi degli scontri, ha detto: "All'interno c'è una località che si chiama Giarabub...". Santo cielo, era mai possibile parlare in quel modo di un'oasi divenuta un mito della mia generazione grazie all'ostinata resistenza del maggiore Castagna circondato dagli inglesi? Ma non è di quelle lontane battaglie che volevo parlare. Volevo dire, invece, che in Libia si è sempre fatta una guerra di movimento, con lunghissimi spostamenti da un caposaldo all'altro, su distanze di centinaia di chilometri. Ad ogni successo e ad ogni avanzata, corrispondeva un allungamento insostenibile delle linee di rifornimento, cosicché la vittoria si trasformava in sconfitta e l'avanzata in ritirata. I soldati chiamavano quell'andirivieni bellico sull'unica strada litoranea con un nome ironico: "La Mille Miglia". Chissà chi la spunterà, stavolta, in quella continua rincorsa.

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