lunedì 4 aprile 2011

In Provenza

L'esodo dei tunisini mi ha dato occasione di rivedere, in Tv, la stazione di Ventimiglia e, in particolare, il corridoio delle partenze per la Francia. In quel corridoio mi bloccò, nel 1955, un agente: "Che cos'ha in quel pacco?". "Dei libri, li porto a Nizza". "Venga con me". Mi condusse nell'ufficio di polizia, dove un maresciallo mi spiegò: "I francesi vietano l'accesso alle pubblicazioni irridentiste italiane. Mi faccia vedere". Aprii il pacco e mostrai i miei libri, trattavano della preistoria ligure. Il maresciallo, soddisfatto, sparò un paio di timbri sulle copertine e mi congedò. I doganieri francesi, visti i timbri, non fecero obiezioni. A Nizza salii su un autobus chiedendo alla bigliettaia di farmi scendere alla fermata giusta. Mi disse di sedere accanto a lei e cominciò a raccontarmi i guai di sua figlia, in lite con il marito. Siccome il racconto era lungo e complicato, mi fece fare un giro e mezzo del percorso dell'autobus. Finalmente giunsi alla meta: dovevo consegnare i libri a un vecchio poeta nizzardo che scriveva versi in provenzale. Si chiamava Rostan e viveva barricato in casa perché, all'epoca della guerra, aveva scritto un paio di articoli rivendicando l'italianità di Nizza. Ora- mi disse attraverso la porta sbarrata - temeva l'arrivo di qualche giustiziere. Gli lasciai i libri sullo zerbino. Fu il viaggio più strano della mia vita.

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