mercoledì 7 settembre 2011

Scialla

Al festival di Venezia hanno proiettato un film che s'intitola "Scialla". Il regista, Francesco Bruni, ha spiegato che la strana parola scelta per il titolo ricorda un certo slang giovanile romano e significa "Stai calmo, non te la prendere". Lui stesso si sente dire "Scialla" una cinquantina di volte al giorno dai figli adolescenti. Che i giovani romani abbiano adottato questa forma gergale non c'è dubbio, ma che si tratti di romanesco ho i miei dubbi: non occorre essere dei gran linguisti per capire che "scialla" è stato portato a Roma dagli extracomunitari arabi nella sua forma originale "Insciallàh" che significa "E' volere di Dio". Gli arabi usano con frequenza questa esclamazione (che ha dato anche il titolo a un romanzo della Fallaci) per esprimere il fatalismo religioso che accompagna, nei successi e nelle crisi, la loro esistenza. Se, adesso, anche i giovani romani (che già hanno fama di non essere dei fulmini) si mettono a considerare gli eventi grandi e piccoli come fatti ineluttabili ed estranei al volere umano, non siamo ben messi. Una nota nostrana: nell'Ottocento si diceva "Scialla!" anche a Genova: corrispondeva all'italo-partenopeo "sciala popolo!" che commentava ironicamente concessioni micragnose. Luigi Bianchi detto il Boa scriveva: "Scialla, scialla, vivaddio, semmo o popolo ciù istruìo!". Lo siamo ancora?

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