giovedì 1 settembre 2011

Incendi

Il caldo quest'anno non ci ha dato tregua e non sono mancati, come al solito, gli incendi boschivi. Annunciatori costernati, in Tv, hanno parlato di "autentici roghi di macchia mediterranea". Ai tempi della Prima Repubblica, la musica era diversa: il ministro dell'Interno, Paolo Emilio Taviani, rimasto di guardia a Roma, faceva sapere che la situazione ferragostana in Italia era tranquillissima: "Si segnalano solamente alcuni incendi di macchie". Questo succedeva quando la macchia non si tirava dietro, costantemente, l'aggettivo "mediterranea", così come il cane fa con la sua coda. Uno sentiva degli incendi e pensava: "Bene, l'anno prossimo le more saranno più grosse e più buone!". Invece, adesso, se gli arbusti pigliano fuoco, i Canadair ti sfiorano i capelli per andare a spegnerli. Perché c'è stato questo cambiamento? Credo che la svolta sia avvenuta quando bruciò una parte del monte di Portofino: in quella circostanza uno studioso fece notare che erano andate distrutte delle rare specie vegetali, esclusive di quella zona, denominate "macchia mediterranea". Apriti cielo, da allora la macchia semplice ha cessato di esistere: dovunque bruci uno sterpeto, anche sul Gran Sasso o nelle Dolomiti, è sempre la "macchia mediterranea" ad andare in fumo. Le frasi fatte sono riposanti per il cervello, non per i Canadair.

Nessun commento: