mercoledì 27 giugno 2012

Mezzo vino

Il gran caldo mi fa pensare alla campagna emiliana, uno dei regni della mia infanzia. Nei poderi di mio zio Andrea - il Follo e i Filagnoni - non si coltivava grano, tutta la produzione era incentrata su frutta e ortaggi. Nonostante questo, si evocavano spesso le fatiche dei mietitori, appena alleviate dal fazzoletto in testa (una specie di bandana) e dal mezzo vino contenuto nelle damigianette da cinque litri, conservate al fresco dei fossi. "Pensate a quei poveretti che fanno i covoni con la falce, voi almeno state all'ombra" ci diceva lo zio, mentre riempivamo di pesche le cassette. Il giorno dopo, però, il sole bollente toccava anche a noi, perchè dovevamo raccogliere i pomodori perini e lì non c'erano, a proteggerci, le chiome degli alberi. A noi ragazzi quel vino annacquato non spettava, ma l'assaggiavamo di frodo quando lo preparavano nelle cantine: il suo gusto ci sembrava delizioso. Ripensando a quel mondo, ho tentato un esperimento per placare l'arsura continua di questi giorni: ho fatto la mezza aranciata, dividendo in due bottiglie il contenuto di una e aggiungendo acqua. Con mia grande sorpresa, ho ottenuto una bevanda gradevolissima, leggera e dissetante. La saggezza del nostri nonni contadini si è rivelata più che mai attuale.

1 commento:

Vittorio Boiani ha detto...

Grazie Sergio per aver rievocato i miei ricordi d'infanzia, Da noi "marchignoli", il mezzo vino o vinello, come lo chiama la Treccani, lo conosciamo qui a Pesaro come il "picciòlo" o dialettalmente "p'ciol",la deliziosa bevanda fatta con acqua e vinacce fermentate che si consumava subito dopo la vendemmia e pigiatura delle uve.
Leggermente frizzantina, non aveva nulla da invidiare alla Coca Cola dei ragazzi dei nostri giorni.
VittorioBoiani@gmail.com