giovedì 25 ottobre 2012

Il riso

L'altro giorno, al supermercato, ho visto una cosa insolita, una pila di sacchetti di riso da cinque chili l'uno. Mi è sembrato d'imbattermi nel simbolo dell'Italia come sarà tra quattro o cinque anni. Il commercio ha già capito che gli italiani stanno avviandosi per conto loro a una lotta incruenta che avrà come unico avversario il potente mondo economico cinese. L'uomo della strada ha fatto un suo ragionamento: la Cina ci invade di prodotti industriali a bassissimo prezzo perché la sua mano d'opera lavora quattordici ore al giorno, non fa ferie, mangia una ciotola di riso, indossa una casacchina blu e fa ginnastica in strada invece che nelle palestre. Tutte cose che potremmo fare anche noi, ritornando così a fabbricare a basso costo tutto ciò che ci occorre: il dragone cinese finirebbe sommerso dall'invenduto. Dovremmo però realizzare una cosa di segno contrario a quanto prescrivono i governanti di Pechino: loro obbligano le coppie a non avere più d'un figlio, noi dovremmo indurre i nostri sposi a farne almeno uno. Le mammelle decorative e i pancini senza gonfiori possono servire per far bella figura sulle spiagge e sui rotocalchi, ma hanno il segno del presente, non quello del futuro. (Ma guarda un po' dove va a finire uno guardando un sacchetto di riso. A proposito, costa tre euro e qualcosa).

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